Il primo libro che vi consiglio di leggere nella rubrica di settembre è Tutte queste voci che mi premono dentro, di Andrea Di Consoli (Editoriale Scientifica Lettere). Si tratta di un memoir a metà strada tra critica letteraria e narrazione autobiografica, diviso in episodi – che potrebbero essere letti ciascuno come un racconto a sé – e scritto con un italiano che altri dei nostri autori sembrano aver dimenticato, – tengo a specificarlo – Di Consoli è uno degli scrittori italiani più prestigiosi dal punto di vista semantico, difatti, in questi racconti-ricordi non mancano mai punti di riferimento – spesso persone realmente incontrate dal narratore – della nostra tradizione poetica, come Scotellaro, Arpino, Riviello, e molti altri. Ogni capitolo o episodio parte con una riflessione – sulla politica, sulle sigarette, sui fantasmi – e procede come un reportage scritto con lo stile dei grandi autori della letteratura italiana. Così abbiamo dei quadri precisi, a tratti sconcertanti, del nostro paese, vissuto dall’interno, esperito nella carne. I libri di Andrea Di Consoli, a mio avviso, potrebbero essere interpretati come un unico monologo intriso di luoghi, memoria, cultura, quella cultura cui si accede non solo per mezzo dei libri, ma proprio nell’incontro, nel sentire e nell’abbraccio, e perciò estremamente umana. Ciò che colpisce in questo libro è l’estrema umanità e la compassione che da sempre contraddistingue Andrea; un autore che Pascal avrebbe annoverato tra coloro che colgono la ragione del cuore.
La decisione di questo settembre è di scrivere solo di autori che si sporcano le mani con la vita, ciò non significa necessariamente autofiction – termine quanto mai abusato, e che inizia a destare una certa noia in chi legge – ma libri in cui si sente scorrere il sangue vivo delle emozioni provate sulla pelle. Per questo, tra i consigli di lettura, annovero felicemente Quel luogo a me proibito di Elisa Ruotolo (Feltrinelli), storia d’amore non priva di conflitti – interiori soprattutto – ma anche storia di liberazione da una famiglia castrante, storia di una donna che ritrova sé stessa e si scopre capace di scegliere, e di esperire l'eros, entrando in una seconda pelle. Anche in questo caso, non posso non menzionare la qualità della scrittura. Elisa è una poetessa, e in queste pagine si scorge chiaramente l’altezza delle vette raggiunte; per esempio, quando rievoca gli spettri dell’infanzia e le creature nate durante le ore buie, che rendono incolmabili le distanze tra una stanza e l’altra: tale è il sentimento della protagonista nel tentativo di liberarsi dalla vergogna e dal senso di colpa instillatole dalla sua famiglia, da un sociale ancora arcaico che la stringe nella morsa della mancanza d’autonomia. L’uomo che incontra non è un liberatore, non ci sono liberatori, ogni donna ha il diritto e il potere di liberarsi da sé, perciò Andrea non è che una via d’accesso alle sensazioni che a lungo le sono state negate.
Ancora un romanzo in cui sentiamo scorrere la vita, si tratta di una grande scoperta: il giovane Nicola Neri che con After a combray (Es), con ritmo cinematografico e una grande attenzione ai sensi – non solo alla vista – racconta minuziosamente un’esperienza di derealizzazione causata da droghe. È una voce nuova, una scrittura nuova, un flusso di coscienza senza freni che si traduce in una performazione della parola. Numerosi i riferimenti a Proust, Nabokov, Flaubert, Cortázar e altri, ma in queste pagine ritroviamo soprattutto un'eco proustiana, a tratti invece risuona l'allucinatorio tipico di Clarice Lispector. Non si può non notare – si diceva – l’approccio cinematografico, per cui viene facile pensare a Malick e a Lynch. Cos’è la derealizzazione? Un’esperienza terrificante, ben oltre il panico. È la sensazione di smaterializzarsi e reificarsi, un'esperienza – diremmo oggi – di ego dissolution, che però non è così serena e pacifica come prospettano i manuali di guida all'assunzione di psichedelici, può configurarsi come un esordio psicotico, e essere angosciante. L’aspetto più interessante di questo libro è il modo in cui è scritto, non parlo solo della prosa ma della capacità evocativa, sembra che ogni cosa si stia per-formare nell’attimo in cui è scritta. Si tratta di un viaggio: è una scrittura lisergica, penetra come una sostanza nell’organismo, non si può smettere di leggere, per quanto doloroso sia, non si può abbandonare il viaggio fino all’ultimo capitolo: l’amore è il ponte, il resto scopritelo voi.
Una felice sorpresa è Canto al Vespro, esordio di Giuseppe Di Maio (autoproduzione), sperimentazione su tutti i piani: si tratta di un libro monologante fatto di resoconti quotidiani di una vita infame, alternati a sprazzi di memorie e considerazioni personali. Un libro senza confini, non romanzo, non saggio, non poesia, ma forse tutte queste cose insieme. Coraggio e capacità di osare sono il monito di questo testo, e mi sembra arrivato il momento di dare spazio a voci che rompono il patto narrativo con il lettore. Il fenomeno dell’auto-pubblicazione, tra l'altro, merita attenzione poiché proprio qui scopriremo fenomeni d'avanguardia che non trovano spazio nell'editoria tradizionale. Nel testo, si diceva, più che una trama c’è un tramare, un confabulare che dà forma a un’espressione di sé di volta in volta nuova. Da un certo punto in poi, dall’incontro con una donna ispiratrice, vi è un mutamento di stile, che si fa sempre più lirico, e si alternano prosa e poesia. Per cui, è il perfetto viatico per passare dai consigli sulla narrativa da leggere a quelli sulla poesia.
L’unica silloge che vi consiglio oggi è Sillabari dal cortile di Fernando Della Posta (Macabor Edizioni): un riuscito tentativo poetico di lettura unitaria della contemporaneità a partire dagli assunti interpretativi del postmodernismo, in special modo per quanto concerne la frammentazione del sociale e del sapere. Una lettura condotta anche in rapporto alle odierne continue riletture degli stessi fenomeni in ambiti sociali e di pensiero diversi, riletture che spesso, nell’epoca conosciuta anche per l’abuso di pratiche come la post-interpretazione e la post-verità, producono tante pseudo teorie usa e getta, separate, distinte e talvolta in netto contrasto fra loro, aggravate dalle dinamiche dei social network. Ogni cortile si dota di una propria lingua e di una propria visione del mondo, di nuovi sillabari con i quali la coscienza solidale collettiva si sfalda sempre più, una coscienza solidale che va ricostruita, a partire da una nuova interpretazione del reale che sia comprensiva delle sue infinite sfaccettature e non più esclusiva e conflittuale nel processo di raggiungimento delle specifiche rivendicazioni di ogni sua componente. Vengono così indagate e restituite in forma poetica le problematiche riguardanti temi come la complessità della dimensione urbana, utilizzando per lo scopo soprattutto quella dei quartieri popolari di Roma, l’amore e le barriere comunicative sempre più laceranti tra persone, luoghi e tempi.
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